CRE 2017 – 26 giugno – 21 luglio

CRE 2017 – 26 giugno – 21 luglio

Tema

La bellezza è una questione di volo. Facciamo indossare al cuore un paio di ali. Portiamolo in alto, in attesa dell’alba, quel momento speciale del giorno in cui sembra che il mondo nasca di nuovo, come deve essere stato in quel tempo lontano, quando tutto è incominciato, quando Dio ha creato il cielo e la terra e poi l’uomo. All’inizio ci sono solo buio e silenzio. Poi però – all’improvviso – la luce dispiega le sue dita leggere per restituirci gli alberi, i fiori, le case come se fossero nuovi di zecca. Guardiamoci intorno: è uno spettacolo che ogni volta ci toglie il respiro. In quei momenti, colmi di splendore, quasi fatichiamo a credere che questo sia proprio il nostro posto. Eppure è così: questo è il mondo che ci è stato donato e di cui noi – tutti gli uomini insieme – dall’inizio dei tempi siamo custodi.

 

Custodi di talento

Del Signore è la terra e quanto contiene: il mondo, con i suoi abitanti. (Salmo 24, 1)

Vola soltanto chi osa farlo: ma i sogni, il coraggio e la speranza sono un carburante potente, possono portare il nostro cuore lontano, dove il sole si specchia nelle onde del mare, sulle cime dei monti, sui campi di grano maturo, nel fitto dei boschi, sulle distese immense dei deserti.

C’è un incanto speciale nelle piccole cose ma per trovarlo occorre guardare, ascoltare, meravigliarsi. C’è sempre qualcosa di nuovo nel colore e nel profumo di un fiore appena sbocciato. La tela del ragno ha una trama finissima, come la seta più preziosa. E i semi di un soffione dispersi dal vento sono perfetti per volare, come piccoli paracadute. È bello sapere che tutto questo ci è stato donato.

Dio l’ha creato per noi: ha trovato un posto per ogni cosa. Per chi è grande e potente, per chi è piccolo e fragile. Per gli animali che volano nel cielo, per quelli che camminano sulla terra, per quelli che nuotano nel mare. Ci riempiamo gli occhi, ma è forte la tentazione di riempirci le mani: vorremmo impadronirci di quella bellezza. Ne vorremmo, anzi, sempre di più. è una storia lunga quanto l’uomo. Ci guida l’istinto: come quando un bambino tende la mano per afferrare un giocattolo e dice: “Mio!”. Ne diventa padrone, per disporne come vuole, e poi magari lo rompe e lo abbandona quando non gli interessa più.

A noi, però, Dio ha chiesto di custodire il mondo che ci ha donato. Custode viene dal latino “custos”: è una parola antica e magnifica, che scorre sulla lingua con un suono insieme grave e dolce. Non è una guardia, non usa la forza bruta. È piuttosto qualcuno che veglia, assiste, protegge, ma soprattutto si prende cura: previene i pericoli, provvede alle necessità. Ha talenti speciali, ma invisibili.

Il bello, però, è che chiunque con un po’ di pazienza può svilupparli. Servono grandi occhi per osservare, grandi orecchie per ascoltare, un po’ di silenzio nel cuore per fare spazio agli altri: è difficile prendersi cura di qualcuno che non conosciamo, se non comprendiamo di che cosa ha bisogno.

 

Mettiamo le ali al cuore

Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra e soggiogatela. (Genesi 1, 28a)

Papa Francesco ha detto ai giovani: “Vi chiedo di mettervi al lavoro per un mondo migliore. Non guardate la vita dal balcone, immergetevi in essa come ha fatto Gesù”. è un appello fatto con passione e può sembrare che chieda cose difficili: come può un bambino o un ragazzo cambiare il futuro, riparare gli errori che tanti altri hanno fatto prima di lui? La risposta è nel cuore di ognuno, un cuore capace di custodire, proteggere e di volare. Per fargli dispiegare le ali però, bisogna lavorare un po’, lasciar emergere la sua forza e il suo desiderio di libertà, fargli spazio e scoprire, per esempio, che il rispetto per la terra rispecchia quello che abbiamo per noi stessi e per le persone che ci stanno intorno. Se davvero vogliamo giustizia, pace ed armonia dobbiamo cominciare da qui.

Ognuno di noi – dicevamo – ha i talenti che servono per essere un buon custode del Creato. Ognuno di noi è stato pensato da Dio per esserlo. Ma in concreto che cosa possiamo fare per diventarlo? Ci sono pochi piccoli passi da seguire, anche se la strada è diversa per ciascuno.

Il primo è coltivare la riconoscenza: dire grazie è una preghiera semplice, una sola bellissima parola che ne contiene molte alle quali a volte è difficile dare una forma.

Il secondo è imparare ad essere sobri, a tenere per sé solo l’essenziale: chiedersi, per ogni cosa, ogni oggetto, ogni risorsa che usiamo se ne abbiamo davvero bisogno.

Il terzo è prendersi cura dei legami con le persone che abbiamo vicino. Come accadde al Piccolo Principe: “È lei che ho annaffiato. Sono i suoi lamenti, le sue vanterie e persino i suoi silenzi che ho ascoltato. Perché lei è la mia rosa”.

Il quarto, infine, è un invito a ricordarsi che non siamo mai da soli in questo compito, e che è

importante saper lavorare insieme, costruire comunità e comunione. Come una famiglia unita diventa un nuovo soggetto che ha qualcosa in più degli individui che la compongono, così possiamo imparare a dire “noi” di un gruppo di cui facciamo parte, unito da un valore più grande.

Quattro elementi, quattro atteggiamenti, quattro passi sulla strada che porta a riscoprirci custodi del Creato. Proteggere e salvaguardare il dono più grande che ci sia stato fatto, il mondo in cui viviamo, è insieme un compito e un privilegio. È grande, quindi, l’avventura che attende quest’estate i bambini e gli educatori del Cre-Grest. Per viverla in pienezza bisogna mettere davvero le ali al cuore, per vedere di quante cose si può essere grati e di quante altre si può fare a meno. Lungo il cammino si può scoprire com’è bello avere tante persone intorno a sé con cui condividere esperienze, prendersi cura degli amici, dei legami che nascono, scoprire vincoli che tengono uniti per sempre.

È grande l’avventura che attende quest’estate i bambini e gli educatori del Cre-Grest.

 

…e se finiamo fuori rotta?

Quanto a me, ecco io stabilisco la mia alleanza con voi e con i vostri discendenti dopo di voi. (Genesi 9, 9)

Il lieto fine, come in ogni storia, non è mai scontato. Anche il dono più bello può essere tradito. Siamo liberi di farne tesoro oppure di guastarlo, rifiutarlo, calpestarlo. Capita anche senza rendersene conto: quando dimentichiamo di essere grati, quando ci importa solo di possedere gli oggetti. Quando

sprechiamo e gettiamo via, quando usiamo male. Quando pensiamo solo a noi stessi. Quando mettiamo l’accento sulle differenze come se fossero difetti, quando esasperiamo i conflitti anziché adoperarci per risolverli. Saranno i quattro elementi della natura: terra, acqua, aria e fuoco a fare da guida nelle attività quotidiane del Cre-Grest. Ognuno di essi fa parte di noi. Ognuno, insieme, nasconde un lato oscuro. Ci incantiamo davanti a un tramonto. Passiamo ore ad ascoltare il rumore del mare. La natura ci emoziona. Ma la sua forza può travolgerci in un attimo. Così non ci sentiamo al sicuro nel mezzo di

una tempesta, e sappiamo che un terremoto può mandare in frantumi le nostre certezze. Questa bellezza e questa potenza ci mostrano quanto siamo fragili. Ci spingono a porci domande e ci portano, a volte, fuori rotta. Possiamo, infatti, dimenticare per un attimo di essere custodi se ci trascina l’emozione, se vogliamo riprendere il controllo di ciò che ci spaventa. Ma non dimentichiamo che siamo capitani del nostro cuore e possiamo sempre ripartire da lì per trovare la forza di affrontare la paura e di rimettere in asse il timone, a patto che a guidarci sia il rispetto, e non il desiderio di dominio.

Obiettivi generali

 

1- La terra, serbatoio di bellezza

Il seminatore uscì a seminare. (Marco 4, 3)

La terra è un nido per i semi che aspettano di germogliare. Un rifugio per gli animali che in essa si scavano una tana. Dalla terra viene il cibo che mangiamo.

Dovunque ci troviamo possiamo chinarci e raccoglierla in un pugno: perché la terra è la stessa, generosa e potente, per tutti gli uomini del mondo.

San Francesco nel “Cantico delle Creature” scrive così: “Laudato si’, mi’ Signore, per sora nostra matre Terra, la quale ne sustenta e governa, et produce diversi fructi con coloriti flori et herba”.

È un linguaggio antico, che a noi oggi forse sembra un po’ strano, ma si comprende comunque bene: la nostra Terra è madre, perché offre a ogni creatura cibo e sostentamento, e in cambio chiede solo amore e rispetto.

Quando una persona parla della “sua” terra, intende il luogo a cui è legato il suo cuore, dove ha origine la sua famiglia, dove sente di affondare le sue radici, dove attinge la sua memoria. La terra, infine, è un serbatoio inesauribile di bellezza.

Basta avere occhi per guardare, orecchie per ascoltare, fare un po’ di spazio nell’anima. A pensarci bene, da questo sguardo posato sulla terra scopriamo che Dio ci ha fatto un dono che ne comprende molti, come una matrioska (quelle bambole russe ognuna delle quali ne contiene un’altra più piccola). E da qui possono nascere molte ragioni per dire, semplicemente: “Grazie!”. La riconoscenza è un bel sentimento. Ci fa sentire in pace e in armonia. Ma non è sempre così facile.

La terra, per esempio, ha anche dei lati oscuri, che ci fanno paura: ci sono le carestie quando le condizioni del clima sono avverse e non riusciamo più ad ottenere nutrimento. Ci sono i terremoti che mandano in pezzi anche le nostre più salde certezze, come la casa. A volte siamo costretti a lasciare la “nostra” terra. Di fronte a certi fenomeni ci sentiamo piccoli e fragili. In tutti questi casi sentirsi grati

diventa più complicato, ma è comunque (non dobbiamo scordarlo mai) una sfida che possiamo vincere.

 

2 – L’acqua: qui la vita prende il largo

Sulla tua parola getterò le reti. (Luca 5,5)

Vi è mai capitato di attraversare un ponte, di fermarvi proprio al centro e di guardare giù per osservare l’acqua di un fiume? Sembra quasi che la corrente vi porti via. L’acqua è trasparente, limpida, chiara. Secondo il Cantico di San Francesco sorella acqua è “utile e humile et pretiosa e casta”. Umile, perché “manca” di molte cose: non ha colore, sapore, forma. Eppure non solo è utile e preziosa, ma essenziale, perché è proprio lei a rendere possibile la vita sulla terra. Basti pensare che il corpo umano è composto d’acqua per oltre il 50%. L’acqua rappresenta anche una sfida. Gli antichi navigatori sognavano di superare le Colonne d’Ercole per varcare i confini del mondo conosciuto, Cristoforo

Colombo partì con le sue caravelle per cercare una nuova via verso le Indie (e scoprì l’America). Ancora oggi ci sono grandi viaggiatori che prendono il largo da soli su una barca a vela per sperimentare, solcando l’acqua, i propri limiti. L’acqua è così presente nella nostra vita che a volte noi la diamo per scontata, ma ci sono tante popolazioni che ne hanno pochissima: è vietato sprecarla.

Si dice a volte “uno specchio d’acqua” per definire un lago o uno stagno, perché è vero, in essa ci si può specchiare e trovare, magari, qualcosa di noi che prima non sapevamo. In un celebre mito greco, Narciso per una punizione divina si innamora della sua stessa immagine riflessa e annega nel tentativo di

raggiungerla. Quando si cerca qualcosa attraverso l’acqua, dunque, bisogna stare attenti: il riflesso può spesso ingannarci. L’acqua può nascondere anche pericoli: quando non sappiamo nuotare, quando è molto profonda, quando si attorciglia in vortici, quando è smossa da vento, pioggia e tempeste, quando esce dagli argini e cancella tutto ciò che incontra sulla sua strada, quando manca, nei periodi di siccità, quando cade tutta insieme in “bombe d’acqua”, quando le navi naufragano e diventa una tomba.

 

 

3 – L’aria, dove ci porta…

Salì sulla barca con loro e il vento cessò. (Marco 6,51)

L’aria non si vede, ma è dappertutto: riempie il cielo, sta intorno ad ogni cosa. Entra ed esce da noi quando respiriamo. Possiamo catturarne un po’ e darle forma gonfiando un palloncino. Sentirne la forza quando facciamo volare in alto un aquilone.

È un mezzo di trasporto potentissimo: quando parliamo, quando cantiamo, quando usiamo uno strumento musicale è l’aria che sostiene e trasmette il suono. Ma queste vibrazioni si estinguerebbero in fretta se non ci fosse qualcuno pronto ad ascoltare.

L’aria è sempre in movimento: se il fornaio cuoce il pane fa arrivare il profumo fino alle nostre narici; è sempre lei, poi, ad aiutare gli insetti a trasportare il polline da un fiore all’altro, a riversare i semi e le foglie sulla terra. L’aria crea legami e relazioni tra le persone e le cose. Quando un neonato piange, c’è sempre una mamma pronta ad ascoltare le sue urla e ad accoglierlo tra le braccia: da solo non può sopravvivere. Dall’aria possiamo imparare quindi delle qualità importanti per essere buoni custodi del Creato: entrare in rapporto con gli altri e con la natura, ascoltare, rispettarne le esigenze. Non sempre, infatti, i bisogni della natura corrispondono ai nostri: anche per questo è fondamentale aprire gli occhi e spalancare orizzonti nuovi.

Anche l’aria, però, non è sempre dolce e benefica: si trasforma in vento, vortice, uragano. Spinge le vele, ma può anche spezzarle. Gonfia e increspa le onde, ma alimenta le tempeste. Quando è calda asciuga il bucato, quando è molto fredda può farci ammalare. Attraversa i deserti dell’Africa e porta la sabbia lontano, fino all’Europa, all’Italia, alle nostre case. Misteriosa, invisibile, eppure sempre

presente nella nostra vita. E proprio perché non si vede, non si tocca, non si può controllare, può farci anche paura. Così accade anche con le altre persone, che possono essere una ricchezza per noi quando diventano amiche, ma ci spaventano se non le conosciamo.

 

4 – Il fuoco che ci unisce

Si trovavano tutti insieme nello stesso luogo.(Atti 2,2)

Un focolare, in un linguaggio antico che ormai abbiamo dimenticato, corrispondeva a una casa, una famiglia. Un gruppo di persone radunate intorno a un fuoco: il posto dei racconti, dove ci si scaldava non soltanto nel corpo, ma anche nel cuore, grazie alle parole, pronunciate in un modo che confortava, incuriosiva, rallegrava, uno spazio per stare insieme, vicini, alla fine della giornata.

Quante cose fa il fuoco per l’uomo: gli offre luce, cuoce il cibo, modella il vetro e i metalli, crea energia e calore nelle aziende, nelle botteghe artigianali, nelle case (pensiamo alle stufe e ai caminetti). Ancora oggi intorno al fuoco, intorno alla luce di una candela si raduna una comunità. Ecco perché il fuoco è l’elemento giusto per allenare un bravo custode alla comunione, all’unità, agli incontri che trasformano: quelli importanti, che ci cambiano nel profondo (proprio come l’impasto crudo ma ben lievitato, accostato al fuoco, diventa una forma fragrante di pane). Quando si entra a far parte di un gruppo, di una comunità, è un po’ come se diversi ingredienti si mescolassero, per dare vita a un piatto speciale e diverso, in cui tutti i sapori si fondono in modo armonioso. Allo stesso modo noi cambiamo un po’ noi stessi, il nostro modo di essere, i comportamenti che abbiamo nei confronti degli altri per diventare noi stessi “luce”, come se il fuoco potesse in qualche modo forgiarci, come fa con i metalli. Il fuoco è quindi qualcosa che ci attrae, ci unisce e ci trasforma: come tale va custodito e condiviso.

Anche il fuoco, come gli altri elementi, nasconde dei rischi: può sfuggire al controllo, se nessuno lo alimenta può spegnersi, può causare dei danni, può essere piegato a scopi malvagi, oppure, se usato bene, può diventare uno strumento di difesa, e ancora trasformarsi in energia buona che accende la speranza. Ognuno di noi ha il fuoco nel cuore: uno slancio forte, un insieme di passione ed entusiasmo che può essere messo a servizio della comunità per creare un futuro migliore per tutti.