Dieci minuti con se stessi – argomento: “PENSA, SVEGLIATI!”
PENSA, SVEGLIATI!
Pensa. Ne sei capace. Soprattutto non fuggire nel sonno, ignorando i problemi,… costruendo barriere tra te e il mondo. Ti prego, pensa, svegliati! Credi in qualche forza benefica fuori del tuo io limitato. Signore, Signore, Signore: dove sei? Ti voglio, ho bisogno di te, di credere in te e nell’amore e nell’umanità.
Sylvia Plath
La riflessione di oggi
Dalla Boston in cui era nata nel 1932 e aveva studiato, si era poi trasferita a Londra, ove una faticosa vita domestica e una rivalsa per la difesa di una condizione femminile umiliata l’avevano condotta progressivamente verso il baratro del suicidio nel quale precipitò poco più che trentenne nel 1963. Sto parlando della poetessa Sylvia Plath dai cui diari ho tratto un bellissimo e intenso appello, venato di profonda spiritualità. Esso si riassume tutto in quei due imperativi: «Pensa, svegliati!». La rete del torpore, dell’indifferenza, dell’insoddisfazione è sottile ma resistente, avvolge il cervello, il cuore e persino mani e piedi imprigionandoti nella rassegnazione inerte dell’insensibilità spirituale.
«Pensa, svegliati!», uscendo dal sonno della ragione, dal gelo dei sentimenti, dal blocco della ricerca. Devi rischiare fuori, non solo nel mondo, ma anche alzando gli occhi verso l’alto, verso il mistero, verso il divino. Ecco, infatti, che le righe della Plath si trasformano da appello in invocazione: «Signore, Signore, Signore: dove sei?». È l’ansia di un interlocutore più alto, di un amore infinito, di una pienezza che possa saziare l’assenza che devasta l’anima. La tentazione del sonno è troppo forte e molti vi scivolano dentro senza un fremito, un rigurgito, un soprassalto della coscienza. E fuori, come nella notte del Getsemani per i discepoli assonnati, forse si sta addensando la tragedia…
(Testo tratto da: G. Ravasi, Breviario laico, Mondadori)