Dieci minuti con se stessi – argomento: “IL PRANZO FINALE”
IL PRANZO FINALE
Il giorno in cui morirò, il priore, chiunque egli sia, offrirà a tutti i fratelli, sia in refettorio sia in infermeria, il menù dei giorni più grandi e delle solennità maggiori, ossia buon pane, fave, vino prelibato, pesci fra i più grossi e gustosi. Lo stesso giorno saranno offerti a cento poveri pane, vino e carne.
Pietro il Venerabile
La riflessione di oggi
Propongo alla vostra riflessione un passaggio di Pietro il Venerabile (1122-56), uno dei grandi abati del monastero benedettino francese di Cluny. Ho, così, sfogliato le costituzioni che egli aveva definito per la sua comunità e mi sono imbattuto in questo curioso paragrafo, espressione di una serena e pacata umanità. Spesso, infatti, si connette spontaneamente alla figura del monaco l’idea di un’ascesi quasi masochistica, che scava i volti, scarnifica i fianchi sotto i cilizi, spegne ogni sorriso.
Ecco, invece, come questo abate parla della sua morte, e soprattutto come egli ne prepara il «lutto»; quel giorno, che ai suoi occhi è di luce e di speranza, deve dare il via a una vera e propria festa, con un robusto banchetto e con un benessere che si allarga anche ai poveri. La vera ascesi è, come dice il termine greco che è alla sua origine, «esercizio» che però non prostra e umilia ma allena ed esalta e crea personalità generose e festose. Il realismo, l’attenzione ai valori anche concreti, la pace e la letizia sono doni che non si incontrano nei gaudenti sfrenati che alla fine assaporano solo l’amaro dell’eccesso e non sanno gioire e gustare i piaceri della vita con sapienza e finezza. Non si può certo far giudicare a un alcolizzato il gusto e le qualità di un vino. Sono i veri «asceti» a insegnarci questa festa del corpo e dello spirito.
Testo tratto da: G. Ravasi, Breviario laico, Mondadori